giovedì 25 agosto 2016

Non facciamoci accecare dalla retorica delle lacrime, del cuore, della macchina dei soccorsi

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La frase "questo è il momento del dolore e delle lacrime, non delle polemiche" è una solenne idiozia, la grande arma di distrazione di massa di questi giorni. Un altro pezzetto d'Italia, lasciato in balìa di eventi naturali  prevedibili e previsti, si è sbriciolato in un minuto, portandosi via vite, famiglie, comunità.


Stavolta è stato un terremoto, in una zona che tutti sapevano ad alto rischio sismico. La prossima volta sarà un'inondazione, in una zona ufficialmente dichiarata ad alto rischio alluvionale. Ogni volta scatta la retorica stucchevole della natura crudele, della fatalità, del grande cuore degli italiani, della macchina dei soccorsi.


Invece dovrebbe scattare una gran rabbia. Una rabbia lucida, che ci porti a prendere idealmente per le orecchie e mettere di fronte alle proprie responsabilità la nostra classe dirigente (non solo politica), ma anche noi stessi, membri di una collettività distratta, miope e immemore. Tutti sappiamo, ma facciamo finta di non sapere. Tutti vediamo, ma scuotiamo le spalle e andiamo oltre. Così qualunque politicante da quattro soldi ci può raccontare che la grande abbuffata di Expo ha fatto bene al Paese. Che bisogna fare il Ponte sullo Stretto per risolvere la questione meridionale. Che opere demenziali e delinquenziali come la BreBeMi o la TiBre ci porteranno fuori dalla crisi. Che Roma ha bisogno delle Olimpiadi per rilanciarsi.


Al contrario, sono proprio questi progetti novecenteschi, tagliati su misura per ingrassare la cricca palazzinaro/finanziaria che si sta mangiando l'Italia, che ci impediscono di mettere piede nel XXI secolo. Sta a noi fare in modo che questo secolo sia quello del prevenire per non dover ricostruire, dell'aggiustare invece di inaugurare, della tutela del futuro di tanti anzichè del conto corrente di pochi.