venerdì 7 luglio 2017
L'Italia dei capannoni che non ce la fa
Girando per l'Italia, i segni più evidenti della crisi, quelli in cui il disfacimento sembra imminente, si trovano nei luoghi dello "sviluppo" che il Paese ha sognato e inseguito negli ultimi decenni: gli scheletri dei capannoni abbandonati, i rimasugli delle villette mai ultimate, i fantasmi di strade e stradine inutili. L'Italia che dà l'impressione di potercela fare é invece quella che ha saputo riconoscere, proteggere e valorizzare il patrimonio ambientale, paesaggistico, storico e culturale ereditato dagli scorsi millenni. Sia chiaro, non sono un illuso che crede che il paese possa vivere di agricoltura biologica e visite guidate ai borghi medievali. So benissimo che un certo tessuto industriale e infrastrutturale è necessario. Credo però che sia ormai evidente come il modello di sviluppo basato sull'asfalto, sul cemento, sulla predazione del territorio, stia dimostrando il proprio fallimento, del quale i nostri figli e nipoti pagheranno il prezzo. Solo una classe dirigente miope o corrotta può continuare a promuovere il sogno (o l'incubo) di un presunto "sviluppo" a base di catrame e calcestruzzo.
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